La Huella - Eva Chiara Trevisan

[ENG] Traces of a Practice

Working with painting and installation, artist Eva Chiara Trevisan observes, dialogues and collaborates with the physical matter, aiming to unveil a non-place[i].
The longing for this non-place stems from the emotion that the artist felt at the age of 8, when she first approached Picasso’s Guernica at the Reina Sofia Museum in Madrid.
The huge contrast of the monumentality of Picasso’s work with the emptiness of the exhibition space, was an invitation to explore one’s inner emotional dimension[ii]
Holding on to this feeling, Trevisan’s early works - such as Intimità n. 1 (2017) - act as a Proust’smadeleine[iii] which can only be tasted through the eyes. Whilst contemplating the intimacy of one’s own thoughts, memories and feelings, the artist invites the viewer to immerse themselves into the tranquillity of a space which is defined only by the physical boundaries on the paper.

In parallel with her studies on the Alchemical processes, Trevisan’s artistic practice has evolved throughout the years in a coherent and methodical manner. The forms, colours, and compositions found in her work have transmuted, changing the object into something else. This process is visible in Ciò che permane (2019): revealing the inner and hidden depths that lie beneath a two-dimensional object’s appearance. The space of the painting extends up to the outside of its own physical boundaries, disclosing something that would otherwise be immaterial. 
Similarly, in Stola (2021) the process of layering coats of paint on top of each other - complicit with the passing of time – changes not only the matter’s essence, but also its appearance. Manifesting itself in a sculptural form, the materials become the support of the work itself, questioning its own composition.

 The idea of physical and emotional fragility culminates in Quizás (2019); an installation work composed of over a thousand concave shapes made of paraffin, where the concept of hollowed objects is an analogy for vessels of memories. These voids are filled with childhood memories, family stories and secrets which perhaps(‘quizás’ in Spanish) will resurface. 

Quizàs with its shell-shaped moulds, its blue-shaded colours, and the invasive scale reminds the viewer of the ocean. This homage to nature is present extensively in Eva Chiara Trevisan’s research: Nature and Matter are explored as a single entity and this is palpable in the works exhibited in her first solo show La Huella (in Spanish, the trace). 
In the artist’s practice, Nature manifests itself as the words of Johann Wolfgang Goethe in the Theory of Colours (1810): with light poise and counterpoise, Nature oscillates within her prescribed limits, yet thus arise all the varieties and conditions of the phenomena which are presented to us in space and time[iv].

In closing, Trevisan’s practice is encapsulated within the idea of the trace of nature. The trace is a recurring clue in all of her artworks: it is the invitation to self-reflection; the sensation of awakening a memory and the excess of colour which pours from a surface, regenerating itself into something new.

***

[i] Non-places is a neologism coined by French anthropologist Marc Augé and firstly introduced in ‘Non-places: introduction to an anthropology of supermodernity, (1992) Verso: Le Seuil’.

[ii] Vocals by Artists. 2021. vocals_by_artists_official. [Instagram]. [Accessed 12 May 2021]. Available from: https://www.instagram.com/p/COGDTgcgH4P/?utm_source=ig_web_copy_link

[iii] A madeleine de Proust is an expression used to describe smells, tastes, sounds or any sensations reminding you of your childhood or simply bringing back emotional memories from a long time ago. It comes from a passage in Swann’s Way the first volume of Proust’s novel In Search of Lost Time.

[iv] Harrison, C., Wood, P. and Gaiger, J., (2001) Art in Theory 1648-1815. Wiley. Pp. 1080-1081.

 

 

[ITA] La traccia di una poetica

Lavorando con i media della pittura e dell’installazione, Eva Chiara Trevisan osserva, dialoga e collabora con la materia, lasciandosi guidare da essa con lo scopo di svelare un luogo non luogo[i]
La ricerca di questo luogo nasce dal bisogno di trasporre e condividere una precisa sensazione che risiede nella memoria dell’artista: quando all’età di circa otto anni si confrontò per la prima volta con il Guernica di Picasso. Il vivido ricordo della sensazione data dalla innaturale quiete della stanza del museo Reina Sofia di Madrid, in contrasto con la monumentalità fisica ed emotiva dell’opera del maestro, sono il sentimento che Eva cerca di stimolare nel visitatore[ii]. Le opere pittoriche dell’artista si offrono quindi come una madeleine[iii] Proustiana appetibile solo tramite gli occhi. 
La richiesta alla contemplazione della propria dimensione emotiva è evidente in Intimità n. 1 (2017): nella tranquillità del colore, viene richiesto di soffermarsi sul sé e contemplare l’intimità dei propri pensieri, ricordi e sensazioni che affiorano in quel momento, nella quiete di uno spazio delimitato dai confini fisici della carta.

Altro oggetto di studio è l’alchimia: come le sue fasi, le forme, i colori e le composizioni nella pratica dell’artista si sono evoluti negli anni in maniera coerente e metodica, trasmutandosi e trasformandosi in altro. Questa evoluzione è chiara in Ciò che permane (2019) dove la lavorazione lenta e costante dei ripetuti strati di pittura ha, con l’aiuto dell’azione del tempo, cambiato la materia non solo nella sua essenza, ma nel suo aspetto. Rivelando la profondità che un oggetto bidimensionale può celare dietro l’apparenza, lo spazio dell’opera si estende fino all’esterno dei suoi confini, sfociando quasi nell’immateriale e rendendolo visibile. Parallelamente, lo studio dello stesso movimento ripetuto dell’acrilico, porta i suoi strati a adagiarsi gli uni sugli altri, manifestandone la loro essenza in maniera quasi scultorea. La materia diventa il supporto dell’opera stessa, interrogandone la sua stessa composizione (Stola, 2021). 

Analizzando quindi il tema della fragilità dal punto di vista fisico, tramite la delicatezza del colore e la labilità della materia nello spazio, Trevisan sublima questo tema dal punto di vista teorico in Quizás (2019), un’installazione di oltre mille forme concave realizzate in paraffina. Le ciotoline – come l’artista vi si riferisce a volte in maniera intima – si propongono di riprodurre proprio dei contenitori di forme diverse, il cui vuoto viene riempito dai ricordi associati all’infanzia, le vicende familiari ed i segreti gelosamente custoditi che forse (in spagnolo, quizás) riaffioreranno per caso.

Quizás, con le sue forme di conchiglie, i colori dalle sfumature del blu e la sua installazione che pervade lo spazio espositivo, ricorda il mare, aprendo così un discorso su un altro tema caro all’artista, quello della natura. Nella pratica di Eva Chiara Trevisan, la traccia della natura è la stessa manifestazione indicata da Johann Wolfgang Goethe nella Teoria dei Colori (1810): essa è, tramite la manipolazione ed il movimento di luce e dei colori, l’oscillare [della natura] nei suoi limiti prescritti, ma al contempo la varietà e le condizioni dei fenomeni che ci si presentano nel tempo e nello spazio[iv].
Per l’artista, ‘Natura’ equivale a ‘Materia’ ed ella si propone di esplorare questa dualità nella sua pratica, come nelle opere esposte nella sua prima mostra personale intitolata La Huella (La traccia in spagnolo). 

Ed è proprio nella traccia che questa pratica artistica riassume tutti i temi finora analizzati. Essa è presente in tutte le opere: è l’invito alla contemplazione, è la sensazione che risveglia il ricordo, è l’eccesso di colore che cola da una superfice e si rigenera nella creazione di qualcosa di nuovo.  

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[i] Non-places è un neologismo coniato dall’antropologo francese Marc Augé ed introdotto in ‘Non-places: introduction to an anthropology of supermodernity, (1992) Verso: Le Seuil’.

[ii] Vocals by Artists. 2021. vocals_by_artists_official. [Instagram]. [Ultimo accesso 12 maggio 2021]. Disponibile: https://www.instagram.com/p/COGDTgcgH4P/?utm_source=ig_web_copy_link

[iii] Espressione usata per descrivere memorie emotive, ispirata da un celebre passaggio del Dalla parte di Swann, primo volume del romanzo di Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto.

[iv] Harrison, C., Wood, P. and Gaiger, J., (2001) Art in Theory 1648-1815. Wiley. Pp. 1080-1081. Traduzione a cura di chi scrive.

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On material, stratification and alchemy: D-Contemporary presents Eva Chiara Trevisan on ARTSY

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